Il barbiere di Siviglia, Gioachino Rossini, Teatro Regio di Parma, 9 marzo 2025
Ci sono opere che non ci si stanca mai di vedere e ci sono allestimenti che si vorrebbero applaudire non una, ma innumerevoli volte. Così Il barbiere di Siviglia di Gioacchino Rossini con la regia, le scene e i costumi di Pier Luigi Pizzi che, originariamente pensato per il Rossini Opera Festival del 2018, ha aperto la stagione lirica parmense del 2024 ed è stato riproposto al Teatro Regio il primo, il 5, il 7 e il 9 marzo, fuori abbonamento e sempre col teatro gremito.
La rappresentazione dura più di tre ore, perché la partitura è eseguita in forma integrale. Tuttavia, il pubblico si diverte, talvolta ride vedendo le trovate sceniche e alla fine esplode in fragorosi applausi, conquistato dalla sobria eleganza, dall’effervescente giocosità e dallo straordinario affiatamento d’insieme tra gli interpreti, i coristi e l’orchestra.
L’allestimento è minimale e molto luminoso, con Massimo Gasparon curatore delle luci. Presenta un’ambientazione atemporale ed è giocato sull’accostamento di bianco e nero (un tratto stilistico già apparso in precedenti regie di Pizzi, quali L’incoronazione di Poppea, Fedora, I Lombardi alla Prima Crociata). Alcune note di colore compaiono in momentanei abiti monocromatici: azzurro e verde pastello, rosso e viola intensi. Dopo la sinfonia introduttiva, il sipario si apre presentando due case bianchissime, con i balconi affacciati: l’una è di Don Bartolo e Rosina, l’altra è la dimora temporanea del Conte d’Almaviva. I due edifici appaiono simili, come pure gli abiti di Figaro e di Lindoro: sembra che la distanza tra le classi sociali non esista. Nel seguito dell’opera, quando al Conte (intrufolatosi abusivamente in casa di Rosina) basta svelare il proprio nome alle guardie per essere considerato intoccabile, il pubblico ride divertito. Le architetture sono mobili e la piazza iniziale, con fontana laterale, si trasforma in un istante nell’interno della casa di Don Bartolo. Quando Almaviva si presenta come maestro di musica vestito da prete, piccolo come un nano perché cammina in ginocchio ed ha le scarpe argentate che (attaccate alle ginocchia) spuntano dalla tonaca, desta ilarità. Nel finale, tutti i personaggi si siedono intorno ad una tavola elegantemente apparecchiata (ovviamente candidissima) per festeggiare le nozze, con lo stesso Don Bartolo non più preoccupato per l’eredità di Rosina (lasciatagli interamente dal Conte).
Il libretto dell’opera, di Cesare Sterbini ed ispirato a Le Barbier de Séville ou la Précaution inutile di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais (1775), è d’una modernità straordinaria, con finezze poetiche e giochi linguistici. Per potenziare l’effetto ilare, Don Bartolo canta con la erre arrotata (che assomiglia molto a quella degli stessi parmigiani) e Don Basilio parla come un balbuziente. Al rigore formale s’unisce, quindi, un elevato grado di teatralità. La recitazione e i gesti sono molto valorizzati e sono sempre in perfetta sintonia con la musica. L’orchestra Senzaspine è diretta dal Maestro George Petrou, che è specialista del repertorio barocco, ha già esperienza con le partiture rossiniane ed è anche interessato al repertorio contemporaneo. Di conseguenza, ha cercato di creare un’interpretazione « rispettosa del passato ma rivolta al futuro » (come afferma nel libretto di sala). Il Coro del Teatro Regio, sapientemente diretto da Martino Faggiani, appare sicuro e ben coordinato non solo vocalmente, ma anche nei frequenti spostamenti in scena. Ottima l’esecuzione dell’introduzione « Piano, pianissimo ».
Molto convincenti nei loro ruoli gli interpreti, agili, spiritosi e saltellanti. Carlo Lepore dà vita ad un raffinato Don Bartolo; sa modulare con notevole perizia tecnica la sua voce ampia e profonda e conferma la sua fama pluridecennale. Maria Kataeva è una disinvolta Rosina, brava attrice e sinuosa danzatrice; la sua voce da mezzosoprano ha un timbro piuttosto cupo nel registro grave, ma è molto espressiva nella mezzavoce. Nel duetto con Figaro, nella scena della lezione di canto e nel bellissimo « Dolce nodo avventurato » dà prova di notevole agilità e di fini colorature. Davide Luciano è un Figaro giovane, promettente e scattante: dimostra grande padronanza scenica ed usa con sapienza la voce corposa e ben emessa. Il giovane tenore Ruzil Gatin inizia con qualche titubanza, ma poi acquista sicurezza e canta con grazia. Il basso di origine russa Grigory Shkarupa è un mite Don Basilio; ha una voce profonda e discretamente controllata ed è applaudito nella cavatina « La calunnia è un venticello ». Completano il cast Licia Piermatteo (Berta), disinvolta e tecnicamente corretta, Armando De Ceccon (Ambrogio) e Gianluca Failla (Fiorello/Un Ufficiale). L’entusiasmo del folto pubblico pare essere un tributo all’intramontabile genio di Rossini e un augurio di lunga vita al raffinato Pier Luigi Pizzi.
Il Conte d’Almaviva : Ruzil Gatin
Don Bartolo : Carlo Lepore
Rosina : Maria Kataeva
Figaro : Davide Luciano
Don Basilio : Grigory Shkarupa
Berta : Licia Piermatteo
Fiorello/Un Ufficiale : Gianluca Failla
Ambrogio : Armando De Ceccon
Orchestra Senzaspine. Direttore : George Petrou
Coro : Teatro Regio di Parma
Maestro del Coro : Martino Faggiani
Regia, scene e costumi: Pier Luigi Pizzi
Regista collaboratore e luci : Massimo Gasparon
Allestimento Rossini Opera Festival, Teatro Regio di Parma
Il barbiere di Siviglia
Opera buffa in due atti, di Gioachino Rossini, su libretto di Cesare Sterbini, tratto dalla commedia omonima di Pierre Beaumarchais del 1775. Edizione critica a cura di Alberto Zedda, nuova edizione aggiornata Casa Ricordi, Milano. Prima rappresentazione al Teatro Argentina di Roma, 20 febbraio 1816.
Parma, Teatro Regio, rappresentazione di domenica 9 marzo 2025.