Giovanna d’Arco, Giuseppe Verdi, Teatro Regio de Parme, 30 janvier 2025
Giovanna d’Arco rientra tra le opere meno note di Verdi, eppure a Parma, negli ultimi vent’anni, è andata in scena in tre edizioni diverse: nel 2008, nel 2016 e nel 2025. Il 24, 26, 30 gennaio e 1° febbraio il Teatro Regio era affollatissimo per la rappresentazione dell’opera con la regia di Emma Dante e la direzione d’orchestra di Michele Gamba. Gli applausi sono sempre stati molto calorosi.
Michele Gamba ha dichiarato: “siamo di fronte a un’opera che potremmo definire cameristica”, che testimonia “le finezze di scrittura del Verdi giovane”. La Filarmonica Arturo Toscanini, da lui diretta, ha messo in risalto sia i momenti musicali marziali dall’afflato patriottico (“Or sia patria il mio solo pensiero”, canta Giovanna nel finale del Prologo), sia quelli più intimistici e sfumanti in delirio mistico. Perfettamente all’altezza dell’arduo compito richiesto è stato il coro, omogeneo e possente, mirabilmente guidato da Martino Faggiani (che, peraltro, ne è direttore da venticinque anni).
Emma Dante ha ricreato il personaggio di Giovanna secondo il suo stile (come, peraltro, era già accaduto a Carmen, con la partitura di Bizet, messa in scena nel 2009 al Teatro alla Scala, a segnare il debutto nella regia d’opera dell’attrice, drammaturga e regista teatrale palermitana). Nel programma di sala ella ha scritto che Giovanna «forse è pazza, forse è una santa ispirata dal cielo, forse è una strega succube degli spiriti maligni… Certamente è una donna eccezionale… che sfida con coraggio le convenzioni sociali fino al sacrificio della vita». Sul palcoscenico, questa interpretazione si è tradotta in soluzioni piuttosto estetizzanti, talora sovraccariche, ma che, nel complesso, hanno attualizzato e reso accattivante lo spettacolo. Giovanna è apparsa sicuramente come una donna forte, in lotta soprattutto contro le continue visioni demoniache (quasi si trattasse di un’ininterrotta tentazione di Sant’Antonio), rappresentate da mimi avvolti in lunghi drappi color rosso sangue, che le strisciavano ai piedi, dimenandosi e contorcendosi. Quando però ella ha impugnato la spada e ha indossato il cimiero, ha assunto un indubbio carisma nel guidare il re e l’esercito alla vittoria. La scenografia, per lo più minimalista ma talora straripante di fiori, curata da Carmine Maringola, i costumi, essenziali ma anche elegantemente regali, di Vanessa Sannino hanno valorizzato le scelte registiche, così come le luci di Luigi Biondi e le coreografie di Manuela Lo Sicco.
Bravi i tre cantanti protagonisti, calorosamente applauditi nei finali d’atto, ma anche a scena aperta, al termine di alcune entusiasmanti arie. L’avvenente Nino Machaidze è stata una Giovanna d’Arco battagliera e tormentata, dall’imponente presenza scenica e dalla voce forte, che però s’inaspriva in alcuni acuti affrontati con troppo impeto. Nel 2020 aveva già impersonato il ruolo di Giovanna al Teatro dell’Opera di Roma. La sua cavatina del I Atto “Sempre all’alba ed alla sera” è scivolata via corretta ma piuttosto anonima, mentre sono risultati adeguatamente espressivi i duetti con Carlo “Vieni al tempio e ti consola” (II, 6) e poi con Giacomo “Amai, ma un solo istante” (III, 2). Luciano Ganci aveva già interpretato Carlo VII nell’edizione parmense del 2016 e in palcoscenico ha dato prova di una particolare padronanza. Con la sua voce intensa e duttile, dal timbro limpido e dalla precisa dizione, è stato acclamato sin dalla cavatina e cabaletta del I atto “Sotto una quercia parvemi… Pondo è letal, martiro”. Il baritono Ariunbaatar Ganbaatar, ovvero Giacomo, ha conquistato il pubblico con la sua bella voce, corposa e brunita, gestita con tecnica rigorosa e con un corretto fraseggio. Originario della Mongolia ed appena trentaseienne, ha interpretato bene il burbero padre di Giovanna. Il suo canto è sempre stato pienamente convincente, anche quando, compiangendo il suo “crin già bianco” e “la bianca testa”, ha destato una certa perplessità, dal momento che, in scena, mostrava folti capelli nerissimi e tratti molto giovanili (anagraficamente, egli ha dieci anni in meno di Nino, che interpreta sua figlia). Il tenore Francesco Congiu (Delil) e il basso Krzysztof Baczyk (Talbot) sono apparsi dignitosi nei rispettivi ruoli, che sono però molto circoscritti.
Le acclamazioni entusiaste del pubblico hanno confermato il positivo giudizio espresso da Verdi su Giovanna d’Arco come migliore opera da lui scritta fino a quel momento. Sebbene la versione parmense sia molto attualizzata ed abbia enfatizzato gli orrori della guerra e l’audacia della protagonista, chi conosce le opere verdiane vi ha ritrovato tanti spunti sviluppati in capolavori futuri: il rapporto padre-figlia e l’idea del fato che incombe sono temi centrali di tante opere verdiane; la “fatidica foresta” rimanda all’”orrido campo” di Un ballo in maschera, così come ascoltando il “coro di spiriti malvagi” vien spontaneo pensare al “coro di streghe” in Macbeth. L’auspicio è che la riscoperta di un’opera ritenuta “minore” induca il pubblico attuale ad approfondire la conoscenza del compositore ed anche del personaggio storico di Giovanna d’Arco, la cui vicenda è effettivamente cruciale nella Guerra dei cent’anni e per tanti aspetti diversa da come è stata raccontata in drammi e melodrammi.
Carlo VII : Luciano Ganci
Giovanna : Nino Machaidze
Giacomo : Ariunbaatar Ganbaatar
Delil : Francesco Congiu
Talbot : Krzysztof Baczyk
Orchestra : Filarmonica Arturo Toscanini
Direttore : Michele Gamba
Coro : Teatro Regio di Parma
Maestro del Coro : Martino Faggiani
Regia : Emma Dante
Scene : Carmine Maringola
Costumi : Vanessa Sannino
Luci : Luigi Biondi
Coreografie : Manuela Lo Sicco
Nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma
Giovanna d’Arco
Dramma lirico in tre atti di Giuseppe Verdi, su libretto di Temistocle Solera, dal dramma Die Jungfrau von Orléans di Friedrich Schiller. Prima rappresentazione al Teatro alla Scala di Milano, 15 febbraio 1845.
Edizione critica a cura di Alberto Rizzuti, Casa Ricordi, Milano.
Parma, Teatro Regio, rappresentazione di giovedì 30 gennaio 2025.