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Genova : Un CORSARO a vele spiegate

par Marie Gaboriaud 21 mai 2024
par Marie Gaboriaud 21 mai 2024

© Opera Carlo Felice / Genova

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Un Corsaro in scena è una rarità! L’opera del Carlo Felice riprende un allestimento molto onorevole del 2004, e soprattutto ci offre una piacevole sorpresa musicale, portata da tre protagonisti principali: il direttore d’orchestra Renato Palumbo e i due ruoli principali, Francesco Meli e Olga Maslova.

L’allestimento, coordinato da Lamberto Puggelli, ci porta al largo e gioca su alcuni elementi chiave: alberi da nave, scale, corde e soprattutto vele. Questi sono i leitmotiv visivi che, deviati, modificati e illuminati in una continua riconfigurazione dello spazio scenico, rappresentano a volte una nave, a volte un palazzo, a volte una prigione. Questo approccio potrebbe essere criticato per la sua semplicità, ma a parte alcune soluzioni un po’ ripetitive (le vele che si piegano e si dispiegano), lo spettacolo è efficace e la maestria delle scenografie, unita ai costumi d’epoca, conferisce alla pièce un fascino archeologico: ci si potrebbe quasi immaginare alla prima del 1848! In effetti, l’unica incursione “tecnologica”, la proiezione di una barca sul fondale diventato schermo, è piuttosto kitsch, mentre alcune innovazioni puramente sceniche convincono proprio per la loro semplicità: le corde verticali che rappresentano le sbarre della prigione di Corrado (che ricordano l’allestimento scenico del Trovatore di Àlex Ollé all’Opéra-Bastille), che diventano una tempesta grazie a un semplice movimento e alle luci, o la scala finale che scompare nei soffitti dell’opera, e con essa Corrado, grazie al gioco prestidigitatorio del sipario/vela.

Come spesso accade, però, sul coro femminile pesano le (poche) debolezze della messa in scena e della direzione degli attori: la scena dell’harem non è delle più riuscite, a causa dei costumi “orientali” dai colori sgargianti e delle pose stereotipate e lascive richieste alle coriste, che peraltro stonano del tutto con l’atteggiamento combattivo e quasi bellicoso di Gulnara, creando una sorta di antitesi visiva. Nonostante ciò, la messa in scena riesce anche ad alternare lo spettacolare (i combattimenti con le spade) e l’intimo, l’epico e il contemplativo: particolarmente riuscite sono la scena del primo atto, che mostra Medora circondata dai suoi quattro seguaci, e quella finale, in cui il coro, seduto di spalle al pubblico, diventa anche spettatore dell’epilogo. È una proposta onesta ed efficace, che non cerca di far dire all’opera ciò che non dice.

Il libretto di Francesco Maria Piave non è di qualità eccezionale e, come ne I due Foscari (scusate il sacrilegio), soffre di alcune lunghezze insopportabili. Nelle due scene speculari del I° atto tra Corrado e Medora e del III° atto tra Corrado e Gulnara, la ripetizione è tale da far gridare il pubblico alla pietà.

La piacevole sorpresa della serata è stata la musica: quest’opera disprezzata dello stesso Verdi, raramente eseguita, ha in realtà alcuni momenti musicali molto belli! Le melodie sono ispirate e le idee orchestrali sono varie, solistiche e talvolta originali. Citiamo solo l’accompagnamento terzinato degli archi all’inizio del primo duetto tra Corrado e Medora, il contrappunto dei fiati sotto la superba cavatina di Gulnara all’inizio del II atto, la parte corale accompagnata da pizzicati e dalla melodia del clarinetto nel finale del II atto, e l’ostinato degli archi che sostiene l’assolo di viola e violoncello che prepara la scena della prigione nel III° atto. La partitura è ben servita dal direttore Renato Palumbo, che ne esalta le qualità, distinguendo i registri che contribuiscono a caratterizzare le atmosfere e i personaggi, e permettendo all’orchestra di impegnarsi appieno con il lirismo del pezzo, individualmente e collettivamente. 

Per il ruolo di Corrado si è optato per una scommessa sicura, il tenore locale Francesco Meli, recentemente nominato Direttore Artistico dell’Accademia Lirica e insignito della Croce di San Giorgio (onorificenza della Regione Liguria). Porta il ruolo del corsaro con passione, impeccabile nell’omogeneità della voce, nella purezza delle linee melodiche, nella tensione drammatica e nelle qualità interpretative. Di fronte a lui – e questo è senza dubbio il duetto più complesso e interessante dell’opera – il soprano Olga Maslova è una Gulnara impressionante, tanto per la qualità e la potenza vocale quanto per l’intensità della recitazione drammatica. La sua superba cavatina all’inizio del secondo atto, ariosa e offensiva al tempo stesso, ha suscitato applausi fragorosi. Irina Lungu nel ruolo di Medora è stata un po’ meno convincente dal punto di vista vocale, a causa di un ampio vibrato e di alcune note acide nel registro superiore nel I° atto, ma ha interpretato un personaggio difficile con grande sicurezza. Il Seid del baritono Mario Cassi, invece, manca di naturalezza, e l’articolazione è perfettibile, ma la voce è molto bella, la grana rotonda e le melodie sublimi.

La prova che il Corsaro, servito da artiggiani e artisti di alta qualità, ha il suo posto sul palcoscenico dell’opera e merita nuove interpretazioni.

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Les artistes

Corrado : Francesco Meli  
Medora : Irina Lungu 
Seid : Mario Cassi 
Gulnara : Olga Maslova 
Selimo : Saverio Fiore 
Giovanni : Adriano Gramigni 
Un eunuco : Emilio Cesar Leonelli
 Uno schiavo : Matteo Michi

L’Allestimento della Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova è realizzato in coproduzione con il Teatro Regio di Parma. Orchestra, coro e tecnici dell’Opera Carlo Felice.                           

La direzione è affidata a Renato Palumbo, regia di Lamberto Puggelli, scene di Marco Capuana, costumi di Vera Marzot, maestro d’armi Renzo Musumeci Greco, luci di Maurizio Montobbio. Maestro del coro Claudio Marino Moretti.

Le programme

Il corsaro

Melodramma tragico in tre atti di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave dall’omonimo poemetto di George Byron.

Teatro Carlo Felice, Genova, 17 maggio 2024.

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Francesco MeliRenato PalumboIrina LunguMario CassiOlga MaslovaLamberto Puggelli
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Marie Gaboriaud

Marie Gaboriaud est enseignante-chercheuse en littérature française à l'Université de Gênes. Elle est spécialiste des liens entre musique et littérature, et des phénomènes de canonisation des figures de musiciens. Elle a notamment publié "Une vie de gloire et de souffrance. Le Mythe de Beethoven sous la Troisième République" (2017), qui a été finaliste du Prix France Musique des Muses en 2018.

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