Firenze – Lunghi applausi e molti “bravo” per tutti gli interpreti hanno salutato, all’87° Festival del Maggio Musicale Fiorentino, la prima di un’opera rarissima, ignota anche a molti specialisti: Der Junge Lord di Hans Werner Henze
Firenze – Lunghi applausi e molti “bravo” per tutti gli interpreti hanno salutato, all’87° Festival del Maggio Musicale Fiorentino, la prima di un’opera rarissima, ignota anche a molti specialisti: Der Junge Lord di Hans Werner Henze (1926 – 2012), che in Italia è stata rappresentata solo una volta, all’Opera di Roma, nel dicembre 1965, nella traduzione di Fedele D’Amico (la prima era stata nell’aprile dello stesso anno alla Deutsche Oper di Berlino). Per il festival si è tornati naturalmente al libretto originale, in tedesco, della poetessa poetessa Ingeborg Bachmann, che si ispirò a una novella di Wilhelm Hauff (1802-1827). Una scelta felice, l’inserimento nel cartellone, perché davvero quest’opera di Henze non merita l’oblio in cui è caduta nei Paesi di lingua romanza (in Germania, sia pure non di frequente per il gran dispiego di forze che richiede, è stata messa in scena anche nel XXI secolo): è divertente e di argomento sempre attuale.
La musica è molto teatrale, infarcita delle citazioni più varie: Mozart in abbondanza (specie quello di Die Entführung aus dem Serail), Rossini, allusioni più o meno fugaci ad altri melodrammi ottocenteschi, cui si ispira d’altronde, con una buona dose d’ironia per i luoghi comuni, anche la costruzione del libretto.
È musica fatta per unirsi a un’azione scenica e su disco non rende quanto in teatro; qui, se direttore e interpreti sono buoni e il regista sa fare il suo mestiere (per questo tipo di opere, in cui bisogna far muovere a ritmo serrato e in situazioni bizzarre circa 145 persone inclusi non pochi bambini, il regista non è una figura di secondo piano), l’effetto è assicurato.
È il caso di questa messinscena fiorentina, che si avvale del direttore d’orchestra Markus Stenz, che conosce Henze come pochi altri direttori in attività –studiò composizione con lui ed è stato direttore artistico dal 1989 al 1995, del Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano, fondato da Henze nel 1976 – e del regista Daniele Menghini, che, senza lesinare sul numero delle prove, è riuscito a creare sul palcoscenico un mondo perfettamente aderente ai temi e al carattere del testo musicale e librettistico, in una fantasiosa girandola di elementi che combinano intelligenza, ironia, sarcasmo, caricatura e grande conoscenza e rispetto del linguaggio teatrale.
Capita di rado di vedere uno spettacolo così accuratamente costruito, in cui, nonostante la complessità, l’interazione fra palco e buca è costante e tutto funziona dall’inizio alla fine, con gran divertimento degli spettatori. Le scene di Davide Signorini sono relativamente semplici: si punta, come si dovrebbe fare sempre, soprattutto sul talento di chi canta e recita; nella loro semplicità, tuttavia, le scene non mancano di originalità. È qui che regista e scenografo scelgono di mettere un pizzico di toscanità nell’ambientazione di Henze e Bachmann, che collocano l’azione in una cittadina tedesca che più tedesca non si può: quest’opera è una grande caricatura e dunque tanto nelle scene quanto in due altre figure mute che si muovono sul palco si evocano il quotidiano satirico “Il lampione”, fondato nel 1848 da Carlo Lorenzini, in arte Collodi (l’autore di Pinocchio), e lo stile delle caricature ottocentesche.
Data la rarità, non è inutile riassumere per sommi capi l’intreccio di Der Junge Lord (Il giovane Lord): intorno al 1830 va a stabilirsi in una grande casa collocata in una cittadina tedesca di provincia un ricco inglese, Sir Edgar (l’unico personaggio in scena che recita senza cantare e senza parlare, portando all’estremo gli usi del Singspiel tedesco), attesissimo dagli avidi e vanitosi maggiorenti locali. L’arrivo con un seguito di animali e servitori esotici sconcerta gli astanti; il rifiuto degli inviti mondani, trasmesso attraverso un bizzarro ed eloquente segretario (il bravissimo baritono Levent Bakirci), viene preso come un’offesa e serpeggia il malumore. Questo esploderà nel momento in cui arriverà un circo, con gran giubilo del popolo: l’esibizione viene interrotta e i circensi scacciati dai notabili. Interviene Sir Edgar, invitando tutto il circo in casa sua. Dall’interno di questa, non molto dopo, provengono strane grida (emesse dal tenore Matteo Falcier, buon interprete della non facile parte del titolo) che il segretario, alla cittadinanza allarmata, spiegherà essere espressione del disappunto di Lord Barrat, giovane nipote del signore inglese appena arrivato, per i metodi un po’ severi dell’insegnamento della difficile lingua tedesca. Un invito a un ricevimento per quando il giovane Lord avrà completato la sua educazione rappacifica le classi alte con Sir Edgar; l’altezzosa e vanesia baronessa Grünwiesel (una divertitissima Marina Comparato) sogna di aver trovato finalmente un partito all’altezza della nipote Louise (il soprano Marily Santoro), che fino ad allora aveva confidato all’amica Ida (l’agile soprano Nikoletta Hertsak) i suoi teneri sentimenti per lo studente Wilhelm (il tenore Antonio Mandrillo).
L’ambientazione della messinscena fiorentina è rimasta dove la voleva Henze, all’epoca di pubblicazione della seconda parte del Faust di Goethe (1832), ampiamente citato e recitato dalla scimmia ammaestrata-Giovane Lord: tanto è la vicenda stessa a far emergere l’attualità della satira contro le classi superiori, nobili e alto-borghesi, che rifiutano seccamente il “diverso” (lo straniero Sir Edgar, quando declina gli inviti facendo dire al segretario che deve dedicarsi agli studi, attività praticata in tutta la cittadina solo dal giovane Wilhelm, che è anche l’unico ad accorgersi costantemente che “il re è nudo”) e sono pronti a infatuarsi in massa, imitandone l’abbigliamento e perfino i gesti più assurdi, di uno scimmione ammaestrato, purché camiffato sotto un’elegantissima mise all’ultima moda di Parigi (e qui regista e costumista si prendono la libertà di sostituire i pantaloni alla parigina del libretto con una lunga gonna di tulle, che tutti gli uomini si affretteranno a indossare a loro volta, accentuando la comicità). L’apparenza, per gli ipocriti abitanti della cittadina, è tutto, e naturalmente li inganna. Non si salva nemmeno l’eroina femminile Louise che, pur avendo l’amore dell’unico che ragioni (Wilhelm), si lascerà turbare e affascinare dallo strano giovane Lord, accettando il fidanzamento combinato dalla zia baronessa. Ma il finale è diverso da quello che gli invitati si aspettano: preso dalla furia del ballo, lo scimmione si strappa gli eleganti vestiti e si rivela per quello che è, lasciando tutti con un palmo di naso.
Il pubblico che riempiva la Sala grande del Teatro del Maggio ha mostrato il suo apprezzamento per lo spettacolo originale e coinvolgente acclamando i numerosissimi artisti convolti via via che si presentavano sul palco, a cominciare dal Coro, dall’esordiente Coro dell’Accademia del Maggio (con una parte lunga e impegnativa) e dal Coro di voci bianche del Maggio: masse artistiche che, in quest’opera molto corale, hanno la funzione di attori, oltre che di cantori; apprezzati anche le coreografie di Sofia Nappi e i bei costumi di Nika Campisi.
Uno spettacolo indubbiamente da vedere; due sole le repliche, mercoledì 28 maggio alle 20 e sabato 31 alle 15.30
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino, Coro di voci bianche dell’Accademia del Maggio Musicale Fiorentino, Direttore: Markus Stenz
Maestro del Coro: Lorenzo Fratini
Maestra del Coro di voci bianche: Sara Matteucci
Sir Edgar: Giovanni Franzoni
Sein Sekretär: Levent Bakirci
Lord Barrat: Matteo Falcier
Begonia: Caterina Dellaere
Der Bürgermeister: Andreas Mattersberger
Oberjustizrat Hasentreffer: Yurii Strakhov
Ökonomierat Scharf: Gonzalo Godoy Sepúlveda
Professor von Mucker: Lorenzo Martelli
Baronin Grünwiesel: Marina Comparato
Frau von Hufnagel: Ioanna Kykna
Frau Oberjustizrat Hasentreffer: Aloisia de Nardis
Luise: Marily Santoro
Ida: Nikoletta Hertsak
Ein Kammermädchen: Letizia Bertoldi
Wilhelm: Antonio Mandrillo
Amintore La Rocca: James Kee
Ein Lichtputzer: Davide Sodini
Regia: Daniele Menghini
Scene: Davide Signorini
Costumi: Nika Campisi
Luci: Gianni Bertoli
Corpo di Ballo Compagnia KOMOCO, coreografia: Sofia Nappi con i danzatori Arthur Bouilliol, Leonardo de Santis, Glenda Gheller, India Guanzini, Paolo Piancastelli, Senne Reus, Julie Vivès
Assistente alla coreografia: Adriano Popolo Rubbio
I Capuleti e i Montecchi
Tragedia lirica in due atti de Vincenzo Bellini, livret de Felice Romani, d’après Giulietta e Romeo di Luigi Scevola, créé au Teatro La Fenice, Venezia, 11 mars 1830.
Reggio Emilia, Teatro Valli, dimanche 26 janvier 2025.