GEORGE GAGNIDZE : « Mi accosto a Verdi con la massima venerazione e rispetto… »

Degno rappresentante della scuola di canto georgiana, GEORGE GAGNIDZE sta attualmente trionfando all’Opéra Bastille nel ruolo principale di Rigoletto. Noto per le sue interpretazioni verdiane, questo baritono vanta tuttavia un repertorio vasto e variegato… Ci racconta la sua carriera, i suoi progetti… e le sue ambizioni!

Stéphane LELIEVRE : Lei è nato in Georgia e ha studiato al Conservatorio di Tbilisi, come il basso Paata Burchuladze, il mezzosoprano Anita Rachvelishvili e il soprano Nino Machaidze. C’è una forte tradizione di canto classico nel suo Paese natale?
George GAGNIDZE : Sì, senza dubbio. Il Teatro dell’Opera di Tbilisi, la nostra capitale, fu fondato nel 1851, seguendo l’Opera Imperiale di Tbilisi, creata nel 1801.

Inauguration de l’opéra de Tiflis en avril 1851
Façade de l’Opéra national de Tbilisi – © Francisco Anzola

 Dal 1896 ha sede nel bellissimo teatro in stile orientale progettato dal celebre architetto Viktor Schröter, lo stesso che ha firmato anche il Mariinskij di San Pietroburgo e il Teatro Municipale di Kiev. In quel teatro sono state create le meravigliose opere del nostro compositore nazionale Zacharia Paliashvili, come « Abesalom da Eteri » o « Daisi ». Ma anche il repertorio italiano ha sempre avuto un ruolo importantissimo, dal belcanto a Verdi, Puccini e il verismo. La passione per l’opera e per il canto è quindi profondamente radicata in Georgia, ma cantare in generale fa parte della nostra cultura. È qualcosa di naturale e spontaneo. In Georgia si canta anche a tavola dopo le cene con gli amici. La mia voce fu scoperta così: cantavo dopo questi momenti conviviali, finché un amico di famiglia non mi suggerì di prendere lezioni e mi presentò al mio primo maestro. Inoltre, il nostro Paese vanta un’antichissima tradizione corale. Il canto polifonico georgiano è molto famoso e davvero unico. Considerando che la Georgia ha meno di quattro milioni di abitanti, è sorprendente quanti cantanti lirici georgiani si siano esibiti – e continuino a esibirsi – sulle scene internazionali.

© Dario Acosta

S. L. : Lei parla perfettamente l’italiano e canta spesso il repertorio italiano: ha proseguito la sua formazione in Italia dopo gli studi a Tbilisi?
G. G. : Dopo aver lasciato la Georgia mi sono trasferito in Germania, dove ho fatto parte prima della compagnia stabile di Osnabrück, poi del Teatro Nazionale di Weimar. Tuttavia, è stata l’Italia a spalancarmi le porte dei grandi teatri internazionali, grazie alla vittoria al Concorso « Voci Verdiane » nel 2005. Da allora sono quasi vent’anni che canto regolarmente in Italia: dalla Scala all’Arena di Verona, ho cantato in quasi tutti i maggiori teatri italiani. Ed è grazie a questa presenza costante che oggi parlo la lingua. Il repertorio italiano è sempre stato la base del mio percorso, e per interpretarlo in modo autentico è fondamentale conoscere bene la lingua.

S.L. : È tornato a Parigi con « Rigoletto », uno dei suoi ruoli preferiti, nel quale ha debuttato al Metropolitan Opera nella stagione 2008–2009. Leonard Warren, Tito Gobbi, Piero Cappuccilli, Renato Bruson, Leo Nucci… molti baritoni famosi hanno lasciato un segno in questo ruolo. C’è qualcuno di questi interpreti che ammira particolarmente e che magari la ispira ancora oggi?
G.G. : Senza dubbio tutti quelli che ha citato, ai quali aggiungerei Aldo Protti, un baritono eccellente che purtroppo non è ricordato quanto meriterebbe. Tra tutti vorrei sottolineare Tito Gobbi, per la sua straordinaria verità teatrale ed espressiva, e Leo Nucci. Da Leo ho imparato tanto: mi ha dato consigli preziosi quando ero secondo cast al suo Rigoletto in Giappone, e ancora pochi mesi fa, quando ho cantato il ruolo sotto la sua regia. È un grandissimo « Rigoletto » e una persona meravigliosa. E poi, a più di 80 anni, riesce ancora a cantare la parte in modo incredibile. Un vero fenomeno!

https://www.youtube.com/watch?v=3oAO2-ZQeRg

Rigoletto, « Cortigiani, vil razza » (Atlanta Opera, novembre 2023)

Camillo FAVERZANI : La sera della prima di Rigoletto ha voluto interpretare il ruolo del protagonista, nonostante avesse fatto annunciare la sua indisposizione. Come si affronta la scena quando non si è al massimo della forma?
G.G. : Concentrandosi ancora più del solito, se possibile, e affidandosi soprattutto alla tecnica vocale. Quella sera ho avuto un attacco allergico durante la prima parte dell’opera. Prima della seconda parte ho preso degli antistaminici e mi sono sentito subito meglio, infatti la seconda parte è poi andata molto bene. Purtroppo anche questo fa parte della vita di un cantante, è una cosa che può capitare a tutti. Fortunatamente, nel mio caso è successo molto raramente. E in tutta la carriera ho dovuto cancellare solo pochissime recite.

C.F. : Il suo repertorio è già molto vasto, ma mi sembra che Verdi abbia un posto centrale. Anche a Parigi l’abbiamo sentita in Germont, Jago, Amonasro. Come si accosta all’opera verdiana?
G. G. :
Mi accosto a Verdi con la massima venerazione e rispetto – come del resto a ogni compositore – ma con la consapevolezza che Verdi ha fatto qualcosa di straordinario per la voce baritonale, affidandole più ruoli da protagonista o co-protagonista di chiunque altro. La sua scrittura ha spesso una tessitura più acuta rispetto a quella abituale del baritono, con alcune eccezioni. Affrontare questi ruoli richiede una tecnica solidissima unita a una forte intensità interpretativa – è essenziale trovare il giusto equilibrio tra rigore tecnico-vocale ed espressività, tra musica e scena. Solo « Rigoletto », ad esempio, l’ho cantato ormai in quasi 150 recite. Oltre ai ruoli che ha citato, ho interpretato anche Macbeth, Simon Boccanegra, Nabucco, Falstaff, Miller in Luisa Miller, Posa in Don Carlo, e Renato in Un ballo in maschera.

S. L. : È presente anche il repertorio italiano della fine dell’Ottocento (Puccini, Giordano, Leoncavallo, Mascagni, Ponchielli, Zandonai), affrontato anche all’Opéra National de Paris. È un proseguimento naturale dopo Verdi?
C. F. : Non direi che sia uno sbocco obbligato dopo Verdi. Esistono – ed esistevano – grandi baritoni che si sono dedicati esclusivamente a Verdi, cantando poco o nulla di Puccini o del verismo, e altri che hanno fatto il contrario. Fermo restando che una solida tecnica è imprescindibile in ogni repertorio, nel verismo ci si può concedere una maggiore libertà interpretativa e scenica – sempre senza eccessi. Diciamo che nel repertorio verista e pucciniano il rischio di lasciarsi travolgere dall’emotività è sempre dietro l’angolo, soprattutto in opere come « Tosca », dove l’azione scenica è particolarmente concitata e coinvolgente.

https://www.youtube.com/watch?v=iE4w4fUmA7M

Tosca, « Te Deum » , Las Palmas Opera, février 2024

C. F. : Ma vedo anche il Rossini francese di Guillaume Tell e il Grand Prêtre in Samson et Dalila. Ha altri progetti nel repertorio francese?
G. G. :
Per il momento no. Mi sono divertito molto in entrambi i ruoli. Guillaume Tell l’ho cantato all’inizio della mia carriera, nel 2008 a Weimar. È un’opera e un ruolo bellissimo! Il Grand Prêtre è il mio ruolo più recente: l’ho interpretato con grande piacere alla Staatsoper di Berlino tre anni fa, con Elina Garanca e Brian Jagde. Al momento non ho altri progetti nel repertorio francese, ma mai dire mai! Non ci sono moltissimi ruoli adatti alla mia voce, ma Hérode in Hérodiade sarebbbe sicuramente interessante… o il protagonista di Henri VIII di Saint-Saëns! Sarebbe una bellissima sfida. Mi piace tantissimo anche Thaïs, è forse la mia opera francese preferita, e Athanaël è una parte bellissima. 

C. F. : Ha affrontato anche parti del repertorio russo…
G. G. :
Sì, soprattutto il ruolo di Šaklovityj in Chovanščina, che mi ha dato grandi soddisfazioni nei maggiori teatri internazionali – dal Metropolitan di New York ai BBC Proms, fino alla Staatsoper di Berlino, lo scorso anno, in un meraviglioso nuovo allestimento firmato da Claus Guth e diretto da Simone Young. Riprenderemo questa produzione a novembre, e non vedo l’ora. All’inizio della carriera ho anche cantato Tomskij ne La dama di picche. Amo molto la musica russa, e vorrei cantarla più spesso, anche perché parlo molto bene la lingua, e quella è sempre una base importante.

C. F. : E ora il ritorno a Wagner con Der fliegende Holländer al Festival Oper im Steinbruch…
G. G. : È un ruolo straordinario, che ho interpretato solo una volta, esattamente vent’anni fa a Osnabrück. Avendolo cantato così tanto tempo fa, è quasi come un debutto. Mi sto preparando da mesi a questa produzione importante. Sarà una messinscena spettacolare, trasmessa in TV dalla ORF in Austria. Spero che questo « Olandese volante » sia l’inizio di un percorso più approfondito nel repertorio tedesco, che mi affascina molto. A parte « Holländer » ho cantato solo Jochanaan in Salome, anni fa a Weimar. Mi piacerebbe riprenderlo, e debuttare come Barak in « Die Frau ohne Schatten ». Dopo « Holländer » mi piacerebbe affrontare Telramund in Lohengrin. E chissà, magari un giorno anche Wotan… Sarebbe il culmine per ogni baritono!

© Dario Acosta

C .F. : Tornerà presto a Parigi?
Al momento posso parlare solo degli impegni già annunciati dai teatri. Nella prossima stagione non canterò a Parigi, ma debutterò al Teatro Regio di Torino con Francesca da Rimini, poi tornerò con Chovanščina alla Staatsoper di Berlino e finalmente debutterò alla splendida Semperoper di Dresda, dove porterò il mio Germont nella Traviata. A Bonn interpreterò una recita di gala di Nabucco, e ci saranno recite di Aida, Macbeth e Tosca in teatri che non posso ancora rivelare, perché non li hanno ancora annunciati ufficialmente. Ma canto sempre con grande piacere a Parigi: è un teatro e una città che amo particolarmente.

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