Berliner Philharmoniker: memorabile Madama Butterfly di Kirill Petrenko, Eleonora Buratto e Jonathan Tetelman

Madama Butterfly, Berliner Philharmoniker, 27 aprile 2025
Nella speranza di una produzione DVD delle recite in forma scenica di Baden Baden, resterà vivo per lungo tempo il sentimento di pienezza e gratitudine per aver assistito a questa serata!
Dopo la recente ripresa della versione scenica di Madama Butterfly al Festspielhaus di Baden Baden, che aveva debuttato nel 2023, la produzione approda alla sede naturale dei Berliner Philharmoniker e del loro direttore stabile Kirill Petrenko, la Philharmonie di Berlino, dove è stata rappresentata in forma di concerto il 25 e 27 aprile scorsi. La recita del 27, cui ha assistito chi scrive, è stata trasmessa in diretta streaming sul canale in abbonamento dei Philharmoniker, Digital Concert Hall, e offerta nuovamente al pubblico in una sola replica il 28 aprile. Ciò ha dato la possibilità a chi, come me, desiderava ascoltare due volte la stessa recita seguita dal vivo per godere delle meraviglie dell’interpretazione di Petrenko e dei pregi della compagnia di canto.
Nel passaggio dalla versione scenica, curata da Davide Livermore, a quella concertante nella sala grande della Philharmonie, la compagine ha deciso di rinunciare a un compromesso semi-scenico, optando per una esecuzione visivamente quasi del tutto “neutrale”, in cui gli accorgimenti a fine drammatico e gli elementi di gestualità, tutti ridotti al minimo, sono stati affidati all’intelligenza dei e delle cantanti. Per chi non ha avuto occasione di conoscere la produzione di Livermore, non restava dunque che abbandonarsi totalmente all’ascolto della pura interpretazione musicale.
Nella sua interpretazione del capolavoro pucciniano, semplicemente eccezionale per accanimento analitico e cura del particolare, Kirill Petrenko sembra voler accreditare al compositore tanto il possesso del patrimonio culturale del linguaggio tardo-romantico quanto le potenzialità stilistiche aperte verso il “Moderno”. Il fugato iniziale dell’opera, ad esempio, non suona affatto come un’eredità dei tanti fugati operistici ottocenteschi, bensì del tutto proiettato verso il secolo appena avviato, grazie a un alleggerimento delle voci secondarie, alla conseguente trasparenza del tessuto contrappuntistico e alla intelligibilità del tema principale. Ma per chi si aspettasse su questa base una interpretazione esclusivamente asciutta e novecentesca, ecco che altri particolari interpretativi rivelavano in Petrenko il grande interprete del tardo Romanticismo dell’Espressionismo: la magistrale resa dell’indicazione pucciniana con mollezza nella risposta del coro a Pinkerton, Beviamo, beviamo / O Kami! O Kami!; la morbidezza degli archi nell’attacco del duetto Butterfly-Pinkerton Viene la sera (atto I); la sensualità del fraseggio nel duetto Suzuki-Butterfly Gettiamo a mani piene (atto II); o, infine, la flessibilità agogica nel coro a bocca chiusa, reso magistralmente dal Rundfunkchor Berlin, in cui Petrenko richiede indugi appena percettibili nelle giunture tra le frasi scongiurando ogni pericolo di meccanicità insito nella ritmica squadrata di tale pagina. L’apice di tale consapevolezza si ha nel preludio all’atto II, in cui i tempi relativamente serrati, l’attenzione maniacale alle modalità di attacco del suono e al fraseggio e, nuovamente, la flessibilità dei ritmi, sottraggono la pagina ad ogni compiacimento sonoro per conferirle una tensione fortissima, cosicché la vana attesa di Butterfly risulta palpabile anche nell’esecuzione priva di scena.
Eleonora Buratto, che ha interpretato la parte di Cio-Cio-San già a Parigi (2024) e New York (2022), oltre che nella produzione di Baden Baden di due anni fa, ha dimostrato di possedere tutto il bagaglio tecnico e stilistico per dominare il ruolo. La sua voce non è potentissima, quanto meno se paragonata a quelle di cantanti che si avvicinano al personaggio provenendo dal repertorio puramente drammatico, ma il suo modo di piegarla ad ogni esigenza espressiva è esemplare. La resa delle sonorità smorzate durante il suo ingresso, Spira sul mare e sulla terra, o alcuni particolari, come la frase E per farvi contento / potrò forse obliar la gente mia, in cui la parola “forse” è cantata più piano rispetto alle restanti parole, come a dire che non è possibile cancellare le proprie radici culturali, sono esempi di un’artista che trasforma ogni segmento musicale in puro dramma. Quando, poco prima, Butterfly confessa a Pinkerton che lo zio Bonzo non è al corrente della sua scelta di convertirsi alla religione dell’amato, Buratto sceglie di non seguire la prescrizione della partitura, con paura, bensì di dare alla frase un tono di segretezza civettuola, rivelando originalità interpretativa e conferendo un tocco di ulteriore ingenuità alla sconcertante inconsapevolezza della quindicenne. Altro elemento personale, questo, forse, discutibile perché di gusto veristico, ma probabilmente da valutare più correttamente in relazione alla versione registica appena interpretata, è l’aggiunta di un grido di dolore quasi animale prima delle parole Ah! m’ha scordata?, in reazione all’avvertimento di Sharpless sulla possibilità che Pinkerton non debba tornare mai più. Tanto Un bel dì vedremo quanto il congedo dal figlio e dal mondo, Tu, tu, piccolo iddio, sono curati in ogni dettaglio dinamico ed espressivo; qui, nei due grandi appuntamenti della protagonista, Buratto evita sapientemente ogni indulgenza al gusto veristico.
Anche per Jonathan Tetelman la parte di Pinkerton non rappresentava un debutto, avendo il cantante americano già preso parte alle produzioni di Los Angeles, Palermo, New York (2024), Deutsche Oper di Berlino, Baden Baden (2023), Montpellier e Virginia (2019). Per chi ascolta la voce di Tetelman per la prima volta dal vivo, la prima cosa a impressionare è il volume: gli acuti a piena voce sono suoni imponenti, il cui squillo riempie la sala della Philharmonie con un effetto probabilmente comune oggi a ben pochi cantanti attivi nel repertorio di tenore drammatico. Naturalmente non è solo lo squillo, da altri critici inspiegabilmente criticato, ad essere tra le armi vincenti del cantante. In Addio fiorito asil Tetelman ci offre ad esempio un mirabile Si bemolle in diminuendo sul secondo verso, di letizia e d’amor, un effetto non prescritto da Puccini, e numerose sono le frasi nel registro centrale cantate quanto meno in mezzoforte. Se la spavalderia dell’interpretazione nel primo atto è del tutto consona alla iniziale superficialità del personaggio, ignaro delle conseguenze del suo agire, le smorzature quali quella ricercata sul verso di letizia e d’amor lasciano intuire che Tetelman voglia conferire al suo ruolo un sentimento di nostalgia per un amore disprezzato e un pentimento sincero attraverso mezzi puramente musicali e non solo limitati alla mimica, o, in sede scenica, alla gestualità. La coscienza interpretativa, sicuramente frutto di maturazione nelle passate produzioni del titolo pucciniano, ma tutt’altro che scontata per un cantante così giovane, si sposa a un timbro brunito e a una meravigliosa facilità nel registro acuto, nonché a una prestanza fisica perfettamente consona all’ideale del tenore eroico-romantico – per chi consideri tale aspetto essenziale, in un’epoca in cui la logica del marketing appare divisa tra esigenze dell’occhio da una parte e i più recenti imperativi etici dell’inclusione dall’altra.
Il resto del cast è ricoperto da artisti davvero di lusso, se si pensa a tante produzioni in cui le parti non protagonistiche vengono affidate a voci mediocri. Suzuki è il mezzosoprano in costante ascesa Teresa Iervolino, che possiede nei gravi un timbro bronzeo che è dir poco definire fascinoso, sicurezza assoluta nel passaggio di registro, una dizione perfetta e un qualcosa di profondamente nobile nell’accento che aggiunge spessore a una parte forse non del tutto gratificante, ma essenziale sul piano drammaturgico in quanto costante richiamo di Butterfly alla realtà. Il pubblico capisce la qualità eccelsa del suo canto e le tributa alla fine un applauso degno di una parte protagonistica. Non resta che attendere il futuro sviluppo di questa artista, reduce da grandi successi nella rossiniana Cenerentola e proiettata molto probabilmente nel repertorio belcantistico, ma che sarebbe una gioia ascoltare gradualmente in parti drammatiche, ad esempio come Charlotte del Werther o persino in alcuni grandi ruoli verdiani.
Nel ruolo di Goro, Didier Pieri dà un esempio di come dovrebbe essere affrontata questa parte tenorile non protagonistica, privandola di ogni potenziale meschinità: nessuna concessione al parlato, linee vocali pure e la migliore dizione udita nella serata. Il timbro ampio e pastoso di Tassis Christoyannis nella parte di Sharpless è un altro oggetto di lusso della produzione: il baritono greco sa conferire tutto l’accoramento indispensabile al suo ruolo, ricordandoci con l’eleganza del suo fraseggio quanto stia a cuore al console la sorte di una fanciulla sradicata condannata all’abbandono. Il mezzosoprano moldavo Lilia Istratii nella parte di Kate Pinkterton e il baritono armeno Aksel Daveyan in quella di Yamadori, quest’ultimo oggi membro dell’ensemble dell’Oldenburgisches Staatstheater, per bellezza timbrica e correttezza interpretativa lasciano immaginare promettenti carriere in ruoli di maggiore spicco. Completavano il cast, anch’essi esemplari per correttezza, il basso georgiano Giorgi Chelidze e il basso uzbeco Jasurbek Khaydarov, rispettivamente il Bonzo e il commissario imperiale. Nella speranza di una produzione DVD delle recite in forma scenica di Baden Baden, resterà vivo per lungo tempo il sentimento di pienezza e gratitudine per aver assistito a questa serata.
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Madama Butterfly (Cio-Cio-San) : Eleonora Burrato
B.F. Pinkerton : Jonathan Tetelman
Sharpless : Tassis Christoyannis
Suzuki : Teresa Iervolino
Kate Pinkerton : Lilia Istratii
Sharpless : Tassis Christoyannis
Goro : Didier Pieri
Yamadori : Aksel Daveyan
Lo Zio Bonzo : Giorgi Chelidze
Commissario Imperiale : Jasurbek Khaydarov
Berliner Philharmoniker, Tschechischer Philharmonischer Chor Brünn, dir. Kirill Petrenko
Madama Butterly
Tragedia giapponese en trois actes de Giacomo Puccini, livret de Luigi Illica et Giuseppe Giacosa, créé à la Scala de Milan le 17 février 1904 (version remaniée : Teatro Grande de Brescia, le 28 mai 1904).
Berliner Philharmoniker, concert du dimanche 27 avril 2025.